Logo Pilot


La Pilot-Namiki, nata nel 1918, non è il più antico, ma è probabilmente il più famoso produttore giapponese di penne stilografiche. L'azienda è rimasta ininterrottamente sul mercato fino ad oggi, diventando un conglomerato di aziende multinazionali che occupa una posizione di primo piano nel marcato della cancelleria e degli oggetti da scrittura. Ma se oggi la Pilot è nota al grande pubblico per la grande varietà delle penne di uso comune (sfere, roller e la particolarissima Hi-Tecpoint) che vedono una enorme diffusione, essa si è resa protagonista della storia della stilografica soprattutto per avervi introdotto la decorazione tradizionale della lacca giapponese denominata Maki-e.

Benché alle sue origini le penne della Pilot fossero semplicemente delle buone imitazioni dei modelli americani, l'azienda si è sempre contraddistinta per una eccezionale qualità nella lavorazione e nei materiali e per una grandissima capacità innovativa, manifestatasi sorattutto negli anni '60 e '70, con la realizzazione di modelli rivoluzionari come la Capless, la Elite o la Murex. A tutt'oggi produce stilografiche di qualità a partire dalle economicissime usa e getta fino alle più esclusive lavorazioni Maki-e, che sono ancor oggi la punta di diamante della produzione dell'azienda.

Pilot
Pagine marca
Pubblicità marca
Foto marca
Foglietti istruzioni
Brevetti

Storia

 
Uffici centrali della Pilot

La Pilot venne fondata nel 1918 a Tokyo da Ryosuke Namiki e Matsuo Wada con il nome di Namiki Manufacturing Company. Ryosuke Namiki insegnava al Tokyo Mercantile Marine College ma già dal 1915 aveva iniziato una produzione di pennini per sfruttare una miniera di iridio da lui stesso trovata nell'Hokkaido; in cerca di espansione riuscì a convincere l'amico Matsuo Wada, presidente di una ditta produttrice di ghiaccio ad unirsi a lui e finanziare la produzione di penne stilografiche.

I due soci, che pare condividessero la passione per il mare, scelsero per le proprie penne il marchio Pilot, con un chiaro riferimento ai capitani delle navi, ed adottarono come logo una ciambella di salvataggio. C'é da considerare però che all'epoca il principale produttore di stilografiche era la Sailor, e non è del tutto da escludere che il nome sia stato scelto anche come risposta ed affermazione di superiorità rispetto al marchio concorrente.

Le prime penne prodotte erano modelli in ebanite, chiara imitazione dei modelli importati sia dall'Inghilterra che dagli Stati Uniti. Queste venivano classificate con una lettera diversa a seconda del sistema di caricamento: la "O", con caricamento a contagocce, la "L" con caricamento safety, la "N" con caricamento a contagocce di sicurezza, la "P" a con caricamento a siringa rovesciata, e la "T" con caricamento a levetta.

Uno dei problemi comuni di queste prime penne, aggravato dal clima caldo ed umido del Giappone, era il rapido deterioramento dell'ebanite, che tende naturalmente ad ossidarsi assumendo una colorazione marrone. La cosa era particolarmente problematica per i modelli esposti in vetrina dai negozi, che non resistevano che qualche settimana. Per cercare di risolvere questo problema, che vedeva una grande quantità di resi all'azienda, si pensò di fare ricorso alla tecnica tradizionale di copertura in lacca, verniciando con questo materiale le penne, ed a partire dal 1923 vennero commercializzati i primi esemplari di penne così trattate.

Ma nonostante la verniciatura alleviasse il problema, esso si ripresentava regolarmente solo su tempi un po' più lunghi. La Pilot però continuò ad effettuare ricerche e nel 1925 venne finalmente trovata la soluzione, che portò al brevetto (nº US-1600293) di un nuovo materiale, denominato Laccanite (o Laconite). Il procedimento produttivo prevedeva di far ruotare al tornio ad alta velocità i fusti di ebanite, applicandovi delle strisce di feltro imbevute di lacca, così che per il calore della frizione questa penetrasse in profondità.

Il nuovo materiale restava stabile e brillante anche dopo molti mesi di esposizione al sole, ed essendo molto duro risultava estremamente resistente rispetto ai graffi ed all'usura. Nel giro di un anno la Pilot riuscì a vendere più penne in Laccanite di quante ne avesse vendute in totale fino ad allora. Questo pose le basi per il successo dell'azienda, che si portò in vetta al mercato giapponese, fino ad allora dominato dalla Sailor, dalla Swan e dalla San-essu.

 
Una Pilot in Maki-e degli anni '20

La Pilot cercò anche, grazie al nuovo materiale che era nettamente superiore all'ebanite, di espandersi sul mercato internazionale ottenendo brevetti sia negli Stati Uniti che in Inghilterra,[1] ma si dovette scontrare con l'avvento della celluloide che nello stesso periodo venne adottata dai principali produttori americani, per cui il nuovo materiale non ebbe il successo che avrebbe potuto ottenere solo pochi anni prima.[2]

La strada per il successo internazionale venne comunque ottenuta, e fu di nuovo basata sul riferimento alla tradizione giapponese, portando avanti di un passo l'utilizzo della lacca, ed utilizzando quest'ultima non solo per la realizzazione delle penne ma anche per la decorazione delle stesse. Si pensò così di utilizzare la tradizionale lavorazione del Maki-e per decorare le penne, e dal 1926, in occasione dell'apertura di una serie di uffici esteri a Singapore, New York e Londra.

Uno dei fattori del successo delle penne Maki-e fu quello di aver riscosso un grande interesse da parte di Alfred H. Dunhill, che pare venne ottenuto dal direttore della filiale inglese che gliene mostrò un esemplare. La Dunhill era già allora un marchio di successo nel campo dei beni di lusso, ed immediatamente Alfred Dunhill si accorse del valore dell'oggetto e cercò di commercializzare le penne della Pilot a suo nome. Questo però non avvenne, per la ferma opposizione di Matsuo Wada che impose il mantenimento del nome Namiki. La Dunhill ottenne comunque nel 1930 l'esclusiva per la commercializzazione fuori dal Giappone delle penne Maki-e prodotte dalla Pilot con il nome Dunhill-Namiki made in Japan; questo contribuì a rendere nota la lavorazione Maki-e al di fuori del Giappone, e le penne prodotte in quel periodo, per la loro straordinaria qualità ed il valore artistico delle decorazioni, sono probabilmente fra i più desiderati (e costosi) modelli ricercati dai collezionisti.

 
La pubblicità di una Dunhill-Namiki

Nel 1937 Ryosuke Namiki si ritirò dagli affari e la Pilot divenne una società per azioni, a partire dal 1938 il cambiamento venne riflesso sulle penne prodotte dall'azienda che fino ad allora portavano un logo contenente la lettera "N", dal nome del fondatore, in quell'anno essa venne sostituita dalla lettera "P", e questo è una delle caratteristiche che consente di riconoscere meglio il periodo di produzione di queste penne (anche se occorre tener presente che esistono indizi di produzione con il vecchio logo fino alla fine della guerra.

Sempre nel 1938, a partire dal primo di settembre, l'uso dell'oro in prodotti commerciali venne bandito a sostegno degli sforzi bellici, pertanto venne vietata la produzione di pennini d'oro. Benché si dica che la Pilot mantenesse una riserva per le penne destinate all'esportazione, l'azienda sperimentava già da vari anni dei pennini in acciaio, che da quel momento divennero lo standard, e già dopo due mesi venne prodotta la sua prima penna dotata di Shiro Nib.

Nel 1939 venne introdotto il modello R, una penna in celluloide con caricamento a levetta o a contagocce di sicurezza caratterizzata da una clip a forma di spada e da inserti a forma conica sulle due estremità (analoghi ai jewel della Vacumatic). Benché talvolta si presuma che il nome del modello derivi da quello del fondatore dell'azienda, fonti di prima mano[3] la lettera sta per Roof in quanto la forma conica degli inserti ricorda quella dei tetti delle pagode.

Nel primo dopoguerra vennero prodotti modelli in celluloide fra i quali si distinguono in particolare quelli in colore marmorizzato rosso perla, denominati XXX per la somiglianza del colore a quello delle carpe ornamentali che vengono allevate nei laghetti dei giardini giapponesi.

Nel 1950 venne introdotta la serie Super, caratterizzata da un pennino a forma di unghia e da un particolare sistema di caricamento, detto switch filler (dal giapponese "nokku"), un meccanismo dotato si una specie di interruttore sulla sommità del meccanismo interno, azionabile in alcuni modelli anche dall'esterno.

Gli anni '60 e '70 sono forse fra i più significativi nella produzione dell'azienda, la quale, pur muovendosi con successo nel mercato della penna a sfera usa e getta, continuò a distinguersi per la produzione di stilografiche di notevole interesse. Nel 1964, in coincidenza con le Olimpiadi di Tokyo, vennero introdotti sul mercato due modelli che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia più recente della penna stilografica.

La Elite, riprendeva, riportandolo in chiave moderna, l'idea stilistica apparsa in alcune penne degli anni '20 e -30 come la Barrel in the cap o la Sport, con un cappuccio di grande dimensione che va a coprire quasi interamente il corpo della penna, che così, quando viene chiusa, assume dimensioni molto ridotte. Una volta inserito il cappuccio sul fondo questo invece viene a costituire una estensione del corpo, riportando la penna ad una dimensione e maneggevolezza tipica di una penna normale.

Ancor più rivoluzionaria era però la Capless, con un pennino ritraibile all'interno del corpo della penna tramite un meccanismo azionato da un pulsante analogo a quello diventato comune sulle penne a sfera. Benché esistessero precursori come la Asterope della Aurora o la Pullman della Météore, la penna resta unica nel suo genere, e, sia pure con variazioni nello stile e nella forma, viene prodotta ancora oggi restando uno dei modelli simbolo dell'azienda.

Un ultimo modello storico, nonostante la sue recenti origini, è la Murex, caratterizzata come la Parker T1 di cui è sostanzialmente contemporanea, da un pennino costruito come estensione del corpo della penna. Al contrario della T1, che nonostante il titanio risultò essere una penna delicata, la Murex era caratterizzata di una robustezza eccezionale, essendo interamente realizzata in uno speciale acciaio usato per la produzione di ferri chirurgici.

Cronologia

Anno Avvenimento
1918 l'azienda viene fondata da Ryosuke Namiki, Matsuo Wada a Tokyo come Namiki Manufacturing Company
1923 l'azienda produce i primi modelli in ebanite verniciata in lacca
1925 l'azienda introduce le penne in Laccanite
1926 l'azienda introduce le prime penne decorate in Maki-e
1926 l'azienda apre uffici a Singapore, New York e Londra
1927 l'azienda avvia la produzione di matite meccaniche
1930 la Dunhill diventa il distributore unico delle Pilot in Maki-e fuori dal Giappone
1938 l'azienda cambia nome in Pilot Pen Co., Ltd.
1938 il logo della Pilot assume la lettera "P" al posto della "N"
1938 i produttori giapponesi sono forzati ad usare pennini in acciaio (detti shiro nib)
1939 l'azienda introduce le Pilot R
1948 l'azienda crea la fabbrica di inchiostro di Nagoya e la fabbrica di penne di Hiratsuka
1948 l'azienda entra nel mercato dei prodotti di cancelleria
1954 sui pennini prodotti in Giappone viene stampigliato il marchio JIS (Japan Industrial Standards)
1955 l'azienda introduce le Pilot Super
1961 l'azienda inizia la produzione di penne a sfera
1963 l'azienda introduce le Capless
1965 l'azienda revisiona il modello Capless
1968 l'azienda introduces il modello telescopic ?
1968 l'azienda introduce le Pilot Elite S
1971 l'azienda introduce la versione in acciaio a strisce della Capless
1971 l'azienda introduce le Myu (MYU 701)
1973 l'azienda dismette la versione in acciaio a strisce della Capless

Riferimenti esterni

Note

  1. la data del brevetto è il 21 settembre 1926, con nº US-1600293 che viene riportato sul corpo della penna, cosa che può aiutare a mettere un punto fermo nella datazione (se ritrovato indica che la penna è posteriore alla data indicata)
  2. ancorché non nel mondo delle penne, viene riportato che il materiale riscosse l'interesse, per le sue migliori caratteristiche di isolante elettrico, della General Electric
  3. secondo quanto riporta Ron Dutcher, che riferisce quanto dettogli da un impiegato in pensione della ditta.