Differenze tra le versioni di "Sistemi di caricamento"

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semplici e primitivi che prevedono una qualche forma di azione eseguita
 
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direttamente sul serbatoio in gomma, in genere mediata soltanto dalla
 
direttamente sul serbatoio in gomma, in genere mediata soltanto dalla
cosiddetta ''pressure bar'' (o ''barretta di pressione') una barretta
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metallica che viene appoggiata sullo stesso in modo da consentire di applicare
 
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la compressione in maniera uniforme.
 
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Versione delle 21:29, 10 dic 2007

La creazione di nuovi sistemi di caricamento è sempre stata, specie negli anni del periodo d'oro dello sviluppo della penna stilografica, uno dei maggiori fattori di innovazione tecnica, e per questo anche ragione della nascita di nuove aziende; in questo campo gli esempi più famosi sono la Conklin, nata per l'invenzione del Crescent filler e la Sheaffer, che entrò sul mercato con la creazione del caricamento a levetta, ma molte altre aziende minori (come la Dunn o la Chilton) hanno avuto una simile origine.

La storia della penna stilografica è indissolubilmente legata a quella dei vari sistemi che sono stati ideati negli anni per effettuarne il caricamento dell'inchiostro. In particolare nei primi anni del '900 tutti i produttori facevano a gara per introdurre nuovi e spesso complicati sistemi di caricamento che poi venivano usati per promuovere la superiorità delle loro penne.

Si sono riportati qui di seguito i principali sistemi di caricamento adottati dai vari produttori nel corso della lunga storia della penna cronologica. I vari sistemi sono stati raggruppati per affinità di funzionamento, ed i gruppi sono presentati in approssimativo ordine cronologico.

Caricamento diretto

Si sono classificati in questo primo raggruppamento tutti quei sistemi di riempimento che prevedono il caricamento della penna attraverso l'immissione dell'inchiostro all'interno del corpo della stessa effettuata direttamente da parte dell'utilizzatore. Si tratta dei sistemi di caricamento più primitivi, utilizzati agli albori della storia della stilografica. Nella gran parte dei casi sono stati sostituiti a partire dagli anni '10 da sistemi che consentissero il riempimento automatico.

Nei sistemi illustrati in questa sezione il corpo della penna svolge anche la funzione di serbatoio, e non esiste un meccanismo che permetta di automatizzare il caricamento dell'inchiostro, che in genere viene immesso tramite un contagocce; le varianti proposte attengono soltanto alle diverse metodologie utilizzate per dare accesso al serbatoio.

eyedropper filler

Si suole chiamare così il cosiddetto caricamento a contagocce, che in realtà non si può considerare un vero sistema di riempimento, dato che in realtà non esiste nessun "sistema". In questo caso infatti il caricamento della penna avviene svitando (o staccando, a seconda delle modalità di costruzione) il gruppo pennino dal fusto della penna che essendo cavo viene utilizzato come serbatoio; l'operazione di riempimento in genere veniva effettuato a caduta tramite un contagocce (o un qualunque altro strumento equivalente) spesso fornito direttamente dal produttore stesso assieme alla penna.

Per la sua semplicità questo "sistema" è stato adottato fin dall'800 agli albori dello sviluppo della penna stilografica, e permane in uso fino agli inizi del '900. Il sistema è semplice, specie in termini dei requisiti tecnici per la costruzione, inoltre ha il vantaggio di consentire una grande capienza di inchiostro, determinata solo dalle dimensioni del corpo della penna, ma presenta numerosi inconvenienti, il primo dei quali è la scomodità delle operazioni di riempimento (occorreva infatti smontare la penna per ricaricarla).

Un secondo inconveniente originava poi dal fatto che, specie nei modelli di qualità inferiore, avere l'inchiostro in contatto diretto con il corpo della penna poteva causare perdite (specie con l'usura) in corrispondenza della giunzione con il gruppo pennino. Inoltre, dovendo svitare ed avvitare quest'ultimo, ed essendovi in genere residui di inchiostro, si finiva inevitabilmente per macchiarsi le mani. Inoltre il corpo della penna poteva essere realizzato soltanto in materiale inerte, capace di resistere al contatto con gli agenti corrosivi presenti negli inchiostri (all'epoca solo l'ebanite).

Infine essendo l'inchiostro contenuto direttamente nel corpo della penna, quando questa si andava svuotando si aveva una notevole sensibilità alle variazioni di pressione e temperatura (tanto maggiore quanto più grande è il volume disponibile); il calore della mano ad esempio si trasmetteva direttamente all'aria contenuta internamente alla penna, e questo, alterando l'equilibrio della pressione, causava fuoriuscite di inchiostro.

safety filler

Viene chiamato così il cosiddetto caricamento di sicurezza, che nasce come evoluzione del sistema di caricamento a contagocce. Per semplificare le operazioni di riempimento ed evitare fuoriuscite dell'inchiostro in conseguenza di differenze di pressione o altro in questo caso il gruppo pennino viene montato su di un meccanismo che consente di ritrarlo all'interno del corpo della penna. Da questa caratteristica viene anche il nome di rientranti che spesso identifica tutta la classe delle penne che usano questo caricamento.

Una volta ritirato il pennino nel corpo della penna quest'ultimo diventa accessibile per il riempimento tramite il solito contagocce; inoltre con il pennino in tale posizione la penna può essere chiusa ermeticamente con un cappuccio fornito di adeguata guarnizione che permette di garantirsi contro la fuoriuscita di eventuali perdite di inchiostro, caratteristica a cui è dovuto il nome safety del caricamento stesso. Per usare la penna basterà riposizionare il pennino in posizione di lavoro.

Il fascino di questo sistema di caricamento risiede nella complessità meccanica della sua realizzazione, che spesso mostra i vertici delle tecnologie dell'epoca: il gruppo pennino infatti viene fatto spostare grazie ad una vite elicoidale azionata dalla rotazione del fondello della penna, per eseguire il caricamento deve essere fatto rientrare e riportato in pozione per la scrittura. Con queste penne è fondamentale ricordarsi di aprire il cappuccio in posizione verticale, e di non richiuderlo senza avere ritratto il pennino, tanto che alcuni modelli prevedono la presenza di un apposito meccanismo di sicurezza che impedisce la chiusura del cappuccio se il pennino non è completamente ritratto all'interno del corpo della penna.

Benché lo sia classificato, forse ingiustamente, fra i sistemi di caricamento primitivi, in realtà il safety filler ha resistito sul mercato molto più a lungo di altri sistemi di riempimento creati in periodi successivi. In particolare si trovano in produzione modelli che lo utilizzano fino agli anni '20. A causa del suo valore storico, che lo vede essere sostanzialmente il primo sistema meccanico dedicato al riempimento della penna, esso continua a riscuotere un innegabile interesse da parte dei collezionisti, molti dei quali hanno una particolare predilezione per le penne rientranti.

Compressione diretta del sacchetto

All'inizio del '900 ci fu un grande impulso nella ricerca di un sistema che consentisse di eseguire in maniera automatica l'operazione di riempimento. In questo periodo si iniziarono a produrre una serie di sistemi di caricamento che prevedevano di mantenere l'inchiostro all'interno di un sacchetto di gomma elastica. In questo modo si poteva eseguire il caricamento comprimendo il sacchetto vuoto, così da sfruttare la successiva espansione dello stesso per risucchiare l'inchiostro dalla bottiglia.

L'idea di usare un sacchetto di gomma come serbatoio per l'inchiostro consente di risolvere parecchi dei problemi riscontrati fino ad allora. In particolare non essendo più l'inchiostro in contatto con il materiale del fusto della penna si potranno utilizzare anche materiali suscettibili di corrosione. Inoltre se il serbatoio di gomma è ben posizionato e non viene posto in contatto con le pareti del fusto lo strato di aria che lo separa da questo fa da isolante termico, e scompare il problema dell'aumento di pressione dell'aria del serbatoio che si scalda per il calore trasmesso dalla mano che impugna la penna.

Esistono però anche degli inconvenienti, anzitutto diminuiscono le dimensioni del serbatoio, dato che lo spazio interno al fusto della penna deve contenerlo insieme a tutto quanto necessario per il sistema di caricamento. Inoltre i sacchetti tendono a deteriorarsi, rompendosi o perdendo l'elasticità e devono essere sostituiti. Infine aumenta notevolmente la complessità di costruzione, e con questo le possibilità di guasto.

In questa seconda sezione si sono raccolti tutti i sistemi di caricamento più semplici e primitivi che prevedono una qualche forma di azione eseguita direttamente sul serbatoio in gomma, in genere mediata soltanto dalla cosiddetta pressure bar (o barretta di pressione) una barretta metallica che viene appoggiata sullo stesso in modo da consentire di applicare la compressione in maniera uniforme.

crescent filler

Il primo sistema di caricamento veramente efficiente e funzionale basato sulla compressione di un serbatoio in gomma è il famoso crescent filler, ideato da Roy Conklin, ed introdotto sul mercato dalla Conklin nel 1901.

Il crescent filler è basato sulla realizzazione di una speciale barretta di pressione su cui viene saldato un arco metallico a forma di mezzaluna (da cui deriva il nome) che fuoriesce dal corpo della penna tramite una fessura laterale. Premendo sull'archetto si può così effettuare in maniera semplice e veloce il riempimento della penna.

Per evitare di premere accidentalmente il crescent filler la penna era dotata di un fermo ad anello andava ad incastrarsi nella fessura sotto l'archetto, in modo che questo fosse bloccato in posizione aperta fuori dalla penna. Quando era necessario caricare la penna bastava ruotare l'anello, che era tagliato su un lato, per portare la posizione del taglio in corrispondenza della fessura, in modo che l'archetto potesse scendere.

Il sistema era semplice ed efficace, e consentiva anche un caricamento migliore rispetto al successivo riempimento a levetta in quanto si poteva comprimere completamente il serbatoio di gomma, ma nonostante la superiorità tecnica la sporgenza risultava parecchio sgradevole dal punto di vista estetico, e questo ne decretò l'inesorabile declino.

match-stick filler

Il sistema di riempimento a stuzzicadenti è uno dei tanti sistemi ideati all'inizio del secolo per cercare di automatizzare il caricamento dell'inchiostro nella penna stilografica. In questo caso si trattava di comprimere il serbatoio di gomma attraverso l'uso di uno stuzzicadenti che andava a premere, attraverso un foro praticato sul fusto della penna, su una barretta di metallo.

Il problema del meccanismo erano per lo più collegati al fornire un adeguato posizionamento alla barretta di metallo che premeva sul serbatio (in genere veniva incollata). Il sistema non era particolarmente robusto, né elegante, e supponeva comunque il possesso di uno stuzzicadenti, senza il quale risultava inutile. Inoltre in caso di rottura del sacchetto di gomma l'inchiostro poteva fuoriuscire dal forellino sul corpo.

coin filler

Il sistema di riempimento a moneta è una variante del precedente ristema a a stuzzicadenti in cui al posto di quest'ultimo si utilizzava una moneta. La pressione in questo caso veniva esercitata attraverso una fessura praticata sul bordo della penna. Gli inconvenienti sono sostanzialemente gli stessi del precedente caricamento a stuzzicadenti, leniti dal fatto che una moneta è un oggetto generalmente più comune. Le maggiori dimensioni della fessura sul corpo penna rendeva però la penna meno elegante e più soggetta a problemi.

Il sistema venne utilizzato dalla Waterman in alcuni modelli intorno al 1914 (verificare), che venivano venduti forniti di una apposita moneta. La scarsa praticità del sistema ne portò alla dismissione in meno di un anno, cosa che rende queste penne (che talvolta possono essere confuse con modelli successive a levetta mancanti della stessa) piuttosto rare. Ma ancor più rare e molto ricercate dai collezionisti, sono le monete fornite insieme alla penna, dato che la maggior parte di queste andava persa.

sleeve filler

Lo sleeve filler è uno dei tanti sistemi di caricamento sperimentati dalla Waterman all'inizio del '900 che lo utilizzò dal 1910 al 1915. Il sistema si basa sull'accesso diretto alla barra di pressionoe

Una versione molto sofisticata di questo sistema venne adottata dalla LeBoeuf nel 1930.

Caricamenti a leva

Si sono riuniti in questo gruppo tutti i sistemi di caricamento basati sul principio della leva. Molti di questi sono nati come tentativo di aggirare il brevetto originale della Sheaffer, o per trovare alternative che potessero distinguere le penne che li utilizzavano rispetto ai concorrenti.

lever filler

Il caricamento a levetta è probabilmente il sistema di caricamento più diffuso fra le penne d'epoca. Introdotto per la prima volta da Sheaffer nel 1912, conosce diverse varianti e versioni, molte delle quali sono state create anche semplicemente per aggirare il brevetto che copriva l'invenzione originale di Walter Sheaffer.


spoon filler

hatchet filler

Creato dalla Holland nel

levetta di fondo

Particolare versione di caricamento a

Caricamento a compressione meccanica del serbatoio

So sono riuniti in questa sezione tutti gli altri sistemi di caricamento basati sulla compressione di un serbatoio in gomma che non si riferiscono direttamente al principio della leva,

button filler

leverless

twist filler

In questo caso il sistema di caricamento

Caricamento pneumatico

Si sono classificati in questa sezione i sistemi di caricamento basati sulla compressione pneumatica di un sacchetto di gomma flessibile. Quest'ultimo viene compresso dalla pressione atmosferica generata dal sistema di caricamento per farne uscire l'aria che verrà sostituita dall'inchiostro nella fase di decompressione in cui il sacchetto si riporta per elasticità alle sue dimensioni normali.

blow filler

La prima versione funzionante di caricamento pneumatico si può considerare il blow filler creato da Seth Sear Crocker nel 1902. Il sistema era molto semplice sia in termini di modalità di funzionamento che di realizzazione costruttiva, ma era piuttosto scomodo da usare.

Nel blow filler infatti la pressione pneumatica viene generata direttamente dall'utente che deve soffiare (da questo il deriva il nome) nel fusto della penna attraverso un apposito foro praticato sul fondo della stessa. La pressione così generata comprime il sacchetto interno e permette il conseguente caricamento della penna.

Ovviamente per poter utilizzare il blow filler occorrono buoni polmoni per poter soffiare con forza, ed occorre farlo in una posizione in cui la penna ha il pennino immerso nell'inchiostro, cosa che rende il sistema tutt'altro che comodo; per questo

pneumatic filler

Nel 1924 Seth Chilton Crocker riprese il sistema di caricamento ideato dal padre Seth Sear Crocker perfezionandolo ulteriormente. Il nuovo sistema si basava sul fatto di rendere il corpo della penna scorrevole intorno ad un tubo metallico avvitato sul gruppo pennino cui era montato il classico sacchetto di gomma da comprimere. Per eseguire questa azione il fusto esterno della penna poteva scorrere sul fusto interno e la tenuta stagna fra i due era realizzate da un filo incerato posto in coda al cilindro metallico interno. Il fusto esterno della penna aveva, come per il #blow filler un foro di areazione sul fondo. Il riempimento si otteneva facendo scorrere indietro il corpo della per poi riportarlo in posizione tenendo chiuso con un dito il foro sul fondo. In questo modo la pressione generata sul sacchetto ne causa la compressione, una volta lasciato libero il foro di areazione la successiva espansione del sacchetto causa la suzione dell'inchiostro.

Il sistema era semplice, funzionale e robusto, tutto lo spazio compreso nel fusto interno era utilizzabile per il sacchetto (senza necessità di una barra di pressione come per il caricamento a levetta) che permetteva alla Chilton di avere una autonomia nettamente superiore alle concorrenti. Inoltre questo semplice meccanismo era molto semplice da riparare, basta svitare il fusto interno per sostituire il sacchetto. Inoltre la presenza del foro di areazione permetteva di mantenere bilanciata la pressione interna della penna, così che essa non presentava problemi di perdite o di assenza di inchiostro in caso di variazioni di pressione o temperatura.

La semplicità era un punto di forza della Chilton, il fusto esterno non era neanche ancorato al gruppo pennino, dato che questo non era necessario poiché per la precisione meccanica della lavorazione non scorreva durante l'uso. L'unico svantaggio era che per funzionare la penna richiedeva una maggiore lunghezza del gruppo pennino per poter maneggiare la penna una volta ritratto il corpo per il caricamento, che doveva essere effettuato con due mani. Dato che la filettatura per il cappuccio era posta sul fusto esterno della penna, (in modo che questo fosse bloccato quando la penna veniva chiusa), la cosa comportava anche una maggiore lunghezza del cappuccio, e quindi un aspetto poco proporzionato.

Per questo motivo nel 1927 venne creata una seconda versione del sistema di caricamento, in cui il fusto esterno era ancorato in maniera convenzionale al gruppo pennino, ed al suo posto veniva utilizzato per generare la depressione un secondo tubo metallico posto fra questo ed il fusto interno. Il sistema di depressione era ancorato al fondello della penna che costituiva un cappuccio cieco, in questo modo era sufficiente svitare il fondello della penna per effettuare il caricamento, che a questo punto poteva essere eseguito anche con una sola mano.

touchdown

snorkel

Caricamento a sfiatatoio

Questi sistemi di caricamento sono accomunati dallo sfruttare la presenza di uno sfiatatoio (il cosiddetto breather tube) che consente di eseguire il caricamento ripetendo più volte una azione che consente di creare una piccola pressione depressione all'interno del serbatoio della penna.

Lo sfiatatoio è posto nel serbatoio della penna: in fase di compressione l'aria presente esce dallo sfiatatoio, da cui viene poi caricato l'inchiostro, che finisce nel serbatoio, a causa della depressione venutasi a creare; la presenza dello sfiatatoio fa sì che l'inchiostro caricato non venga espulso nelle successive fasi di compressione, fintanto che non si arrivi a riempire tutto il serbatoio fino al livello dello sfiatatoio.

bulb filler

vacumatic

aerometric

stantuffo tuffante

Caricamento a depressione

Si sono riuniti in questo gruppo tutti quei sistemi che prevedono che il caricamento avvenga attraverso la realizzazione di una depressione all'interno del corpo della penna in modo che l'inchiostro venga risucchiato tramite questa. In questo caso è in genere il corpo stesso della penna a fare da serbatoio, e può essere costruito in materiale trasparente così da consentire la visualizzazione del livello di inchiostro.

Come per gli altri sistemi che usano il corpo della penna come serbatoio anche in questo caso si ha il vantaggio di poter disporre di un maggior volume per contenere l'inchiostro, ma si ripresenta lo svantaggio che l'aria residua contenuta nel serbatoio è sensibile alle variazioni di temperatura, il che rende più facile, per l'aumento di volume in caso di riscaldamento, i casi di perdite di inchiostro, specie quando la penna è quasi scarica ed il volume di aria maggiore.

vacuum filler

Più propriamente si può parlare in questo caso di caricamento a siringa rovesciata.

piston filler

siringa

Altri

Si sono riuniti in ques'ultimo gruppo tutti gli altri sistemi di caricamento, accumunati proprio dal fatto di non aver un fattore comune che consente di classificarli in maniera omogenea.

capillarity filler

cartridge filler

converter

Riferimenti esterni