Anatomia di una penna stilografica

La penna stilografica, nota in ambito anglosassone come fountain pen sarebbe più propriamente qualificabile in italiano come penna a serbatoio. In ambito internazionale infatti viene chiamata stilographic pen la penna a stilo, quella che in Italia è più nota come Rapidograph dal nome del modello più diffuso. Caratteristica distintiva di una stilografica era pertanto quella di associare ad un pennino per scrivere un serbatoio di inchiostro che consentisse sessioni di scritture non interrotte dalla necessità di re-intingere il pennino nel calamaio.

La penna stilografica come tale nasce nella sua forma attuale alla fine del 1800, nonostante esistano diversi predecessori più o meno funzionali. Il successo nel creare finalmente uno strumento affidabile che abbinasse un serbatoio di inchiostro ad un pennino per scrivere viene spesso fatto risalire all'introduzione dell'alimentatore multicanale brevettato da Levis Edson Waterman nel 1884. In realtà all'epoca esistevano già diversi produttori che avevano costruito delle "penne a serbatoio" pienamente funzionali, riuscendo a realizzare un corretto funzionamento, i cui elementi essenziali restano gli stessi ancora oggi.

Alcune parti sono presenti da sempre in ogni penna stilografica: l'insieme del pennino e dell'alimentatore (detto gruppo pennino), la sezione (la parte finale della penna che tiene insieme pennino ed alimentatore), il corpo della penna, che fa le veci o contiene il serbatoio, ed il cappuccio (assente solo sui cosiddetti stilofori, vale a dire le penne da tavolo).

Pennino

Il pennino (nib nel mondo anglosassone) è da sempre una delle parti più importanti di una stilografica, e svolge il compito finale di portare l'inchiostro sulla carta. I pennini da stilografica derivano da quelli usati in precedenza con la cannuccia; la differenza principale è che essendo una stilografica un oggetto molto più costoso e continuamente in contatto con l'inchiostro, questi vennero tradizionalmente realizzati in oro (con diverse carature, anche se la più comune resta quella a 14 carati, seguita da quella a 18) per avere una maggiore resistenza alla corrosione degli inchiostri dell'epoca.

Quando con l'evoluzione della tecnologia diventò possibile creare pennini di acciaio resistenti alla corrosione, il maggiore ostacolo alla loro diffusione divenne quello del marketing, e tutt'oggi infatti si tende a pensare ad una penna con pennino in oro come di valore superiore, nonostante che sul piano tecnico questo sia probabilmente inferiore; l'oro, sia pure irrobustito dai metalli aggiunti nelle leghe utilizzate per produrre pennini, è un metallo molto malleabile, e per questo un pennino d'oro soggetto a piegarsi in modo permanente molto più facilmente di qualunque pennino in acciaio ed in generale finisce per l'essere nettamente meno robusto.

Un pennino "d'oro" comunque non può essere interamente composto d'oro (cioè a 24 carati); come accennato questo materiale è estremamente malleabile,[1] per cui in genere viene irrobustito mescolandolo come con altri metalli per ottenere leghe a 14 carati (le più comuni) o a 18 carati, usato per dare maggiore preziosità alla penna, ma in genere meno robuste. Le penne antiche sono comunque per la maggior parte dotate di pennini in oro a 14 carati, i 18 carati sono stati introdotti solo dove, come in Francia, per motivi legali non si poteva qualificare come d'oro un oggetto con caratura inferiore a questa.

Nel periodo della seconda guerra mondiale però, con le ristrettezze causate dalle esigenze belliche, l'uso dell'oro per i pennini venne notevolmente ridotto (ed in certi paesi, come la Germania ed il Giappone) anche esplicitamente vietato. In quel periodo si ebbe un fiorire di leghe di acciaio di vario tipo, spesso ribattezzate, specie in Italia, con nomi fantasiosi ed altisonanti, e la sperimentazione di materiali alternativi, come il palladio, che oggi sembrano tornati di moda. Ma l'uso dell'acciaio per i pennini non si può certo far originare dalle ristrettezze della guerra. Infatti esso venne adottato da alcuni produttori, in particolare quelli orientati alla fascia bassa del mercato, ben prima della guerra e per semplici motivi economici. Anche in quel caso però spesso si cercava di "impreziosire" il metallo con una doratura.

Indipendentemente dalla robustezza della lega utilizzata per produrlo, un pennino deve comunque avere una punta opportunamente rinforzata, in quanto l'usura sarebbe eccessiva anche per l'acciaio. La punta deve sfregare per chilometri e chilometri sulla carta, e per avere un pennino durevole questa viene prodotta utilizzando un materiale molto più duro. In questo caso la scelta più comune è quella di una lega di iridio, e questo è il motivo per cui spesso, per indicare lo stato di usura della punta di un pennino, si fa riferimento appunto alla quantità di iridio presente sullo stesso, anche se in realtà detta punta può essere stata realizzata anche con altri metalli (un'altra scelta è ad esempio quella dell'osmio).

In genere la punta del pennino viene realizzata fondendo direttamente sul posto una pallina di iridio (o materiale equivalente), questa poi viene tagliata in due dividendo la punta nelle due ali, per la realizzazione del taglio attraverso cui deve passare l'inchiostro proveniente dall'alimentatore, necessario al funzionamento della stilografica. In genere poi, sia per permettere la fuoriuscita dell'aria dal conduttore, che per rinforzare la parte terminale del taglio delle ali, il pennino viene dotato del cosiddetto foro di areazione, anche se in molti casi il solo scopo è quello di una maggiore robustezza meccanica e flessibilità.

Alimentatore

Benché sia probabilmente la parte di minor rilievo nell'apparenza di una penna, l'alimentatore (feeder nel mondo anglosassone) è in realtà il cuore del funzionamento di una stilografica, e sul piano tecnico è la componente più importante della stessa. E' infatti l'alimentatore a realizzare il delicato equilibrio di forze che consente il corretto passaggio dell'inchiostro dal serbatoio al foglio di carta, ed una penna stilografica scrive bene proprio in quanto il suo alimentatore svolge correttamente il proprio conto. Una importanza che emerge con ancora più evidenza dal fatto che la più importante invenzione di Lewis Edson Waterman, quella che porta molti a ritenerlo il padre della stilografica, è proprio quella dell'alimentatore.

Sezione

Si indica con sezione (section nel mondo anglosassone) il blocco finale della punta della penna, quello in cui sono inseriti pennino ed alimentatore, presente su quasi tutte le stilografiche eccettuato alcuni design particolari come nella PFM, in cui il pennino è direttamente intarsiato sulla sezione per poi sporgervi, come nella Parker T1 o nella Murex della Pilot in cui il pennino è la prosecuzione del corpo metallico.

La sezione, oltre a servire per tenere in contatto pennino ed alimentatore, è anche il più comune punto di impugnatura della penna in fase di scrittura, ed per questo presenta in genere una sezione svasata che consente una presa più sicura.

Corpo

Il corpo (barrel nel mondo anglosassone) è in genere la parte di maggiore dimensione di una penna stilografica. Nelle penne moderne con caricamento a cartuccia non ha praticamente altro ruolo che quello di fornire un supporto per l'uso della penna e coprire la cartuccia. Inizialmente veniva utilizzato direttamente come serbatoio dell'inchiostro, cosa che avviene ancora oggi con alcuni sistemi di caricamento o per ospitare, oltre al serbatoio dell'inchiostro vero e proprio, il meccanismo di caricamento stesso.

Inizialmente, anche per la maggiore facilità di lavorazione, era realizzato in forma cilindrica con estremità piatte (il cosiddetto flat top) ma in seguito all'evolversi delle tendenze stilistiche si è passati a forme più affusolate (il cosiddetto stile streamlined) e dalla ordinaria sezione rotonda si è passati a forme sfaccettate, triangolari, quadrate, ottagonali, dodecagonali, ecc.

Cappuccio

A parte alcuni design particolari (la Pullman della Météore, la Asterope della Aurora e la Capless della Pilot) il cappuccio (cap nel mondo anglosassone) resta uno dei componenti essenziali di una stilografica. Il cappuccio svolge sostanzialmente due funzioni, da una parte fornisce la protezione del pennino nei confronti di urti accidentali verso l'esterno, dall'altra protegge l'esterno dal contatto accidentale col pennino (e soprattutto con l'inchiostro portato dallo stesso).

Dal punto di vista tecnico sul cappuccio si sono applicate moltissime invenzioni, quasi sempre relative alle modalità con cui lo si può aprire o chiudere, e talvolta anche inserire sul fondo della penna per equilibrare il peso della stessa.

Fermaglio

Benché le prime stilografiche non fossero dotate di fermaglio (clip nel mondo anglosassone) ed esistano ad esempio opportune custodie da tasca per le stesse (sono molto tipiche quelle della Swan) l'uso della clip si è affermato in breve tempo per consentire un aggancio semplice della penna alla tasca della camicia o della giacca, diventando una delle componenti essenziali presenti sulla stragrande maggioranza delle penne (oltre ai primi modelli anno in genere eccezione le penne da signora, dotate di anellino e catenella, o le penne da borsetta e le penne da scrivania)

Fondello

Ancorché altrettanto diffuso e comune come gli altri elementi trattati finora, molti modelli presentano, in genere associato al loro meccanismo di caricamento, un fondello che copre la parte posteriore (rispetto al pennino) del corpo della penna. Talvolta presente per motivi estetici, per lo più serve per coprire l'accesso al sistema di caricamento, oppure ne fa direttamente parte come dispositivo meccanico su cui agire per attivare lo stesso.

Note

  1. con malleabile (vedi [1]) si intente un materiale molto morbido e facile da deformare senza perdere le sua proprietà meccaniche, in sostanza il contrario esatto di resistenza e flessibilità; l'oro è il materiale più malleabile che esiste.

Riferimenti esterni