Capillarity filler

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Il primo esempio di caricamento a capillarità (capillarity filler per gli anglosassoni) utilizzato da penna è stato il modello 61 lanciato dalla Parker nel 1956. Il sistema (un primo brevetto è il nº US-2462929) è probabilmente uno dei più originali fra quelli che sono stati creati nel corso della storia della produzione di penne stilografiche, e costituisce forse anche l'ultimo tentativo di realizzare un sistema di riempimento completamente diverso, che non riprendesse in qualche modo gli altri meccanismi adottati nel corso degli anni.

Il sistema prevede infatti che il caricamento avvenga semplicemente svitando il corpo in plastica che protegge il serbatoio ed immergendo la parte finale di questo (corrispondente al fondo della penna) nella boccetta di inchiostro. L'effetto della capillarità farà affluire l'inchiostro all'interno del serbatoio caricando così la penna senza necessità di compiere un qualunque tipo di azione meccanica. La 61 venne così promossa come the pen that fills itself (la penna che si riempie da sola).

Il sistema è realizzato grazie ad un serbatoio dell'inchiostro strutturato come camera capillare in grado di assorbire l'inchiostro poi rilasciato verso il pennino, ma nonostante il fascino di un sistema senza parti meccaniche il suo funzionamente si è sempre dimostrato assai problematico. La capacità del sistema infatti era alquanto ridotta, essendo il serbatoio occupato dal sistema capillare, inoltre questo si è dimostrato assai delicato, e prono all'intasamento dovuto alla essiccazione dell'inchiostro, che una volta avvenuta rendeva la penna sostanzialmente inusabile.

Per questo ebbe scarso successo, l'unico altro modello noto ad usare questo caricamento è la economica X-Pen della Waterman, ed anche per la Parker 61 venne abbandonato dopo qualche anno per passare ad un più ordinario caricamento a cartuccia/converter.