Differenze tra le versioni di "Funzionamento di una penna stilografica"
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− | Il | + | Il corretto funzionamento di una penna stilografica è legato ad un complesso equilibrio di forze la cui interazione riesce a far sì che con solo una leggera pressione del pennino su un foglio si può ottenere che l'inchiostro fluisca in maniera uniforme e controllata dal serbatoio della penna fino alla carta. |
− | + | Le forze in gioco sono infatti diverse: la ''gravità'' che spingerebbe l'inchiostro a fuoriuscire da una qualunque apertura orientata verso il basso, la ''pressione atmosferica'', che impedisce ad un qualunque serbatoio con un foro di uscita di vuotarsi se non esiste una via di accesso che permetta all'aria di entrarvi al posto del liquido (quello che rende problematico svuotare rapidamente una bottiglia quando la si rovescia), la ''tensione superficiale'', cioè quella caratteristica dei liquidi di ''arrampicarsi'' sulle pareti di un contenitore (la stessa che fa restare attaccate le gocce al rubinetto o sulla superficie di un bicchiere). | |
− | Benché tutto questo | + | Fin dai primi tentativi originanti alla metà del 1800 il punto più critico era quello di garantire in maniera efficace un flusso uniforme, che consentisse all'inchiostro di fuoriuscire dal serbatoio in maniera controllata, per raggiungere il foglio ma non per macchiare le tasche o il foglio stesso. Allo scopo vennero inventati i più complessi meccanismi di valvole, rubinetti ecc. ma la soluzione non fu raggiunta fino alla fine del 1800, quando si capì che occorreva affidarsi al fenomeno della capillarità (una delle conseguenze della tensione superficiale) per poter risolvere il dilemma. |
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+ | Il concetto di base su da allora cui si basa una stilografica è quello di un serbatoio da cui l'inchiostro può fuoriuscire soltanto attraverso una piccolissima apertura. Questa deve essere sufficientemente piccola da impedire che, per effetto della combinazione della tensione superficiale e della pressione atmosferica, l'inchiostro possa fuoriuscire spontaneamente. Entrambe le forse sono necessarie, come si sarà accorto chiunque si sia ritrovato con la penna che gocciola in presenza di fessure nel serbatoio o di una cattiva chiusura del sistema di caricamento. | ||
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+ | Nelle stilografiche questo controllo del deflusso viene realizzato grazie alla presenza del canale dell'alimentatore, attraverso cui l'inchiostro può arrivare, per l'effetto combinato della gravità e della capillarità, fino alle ali del pennino, e da lì proseguire, per capillarità, nella fenditura fino a raggiungere la punta dello stesso. Fintanto che la penna non viene usata la tensione superficiale impedisce che l'inchiostro lasci il pennino, ma appena si appoggia questo su un foglio (o un'altra superficie adeguata), è la stessa tensione superficiale, applicata stavolta alla carta, che fa si che l'inchiostro vi si depositi sopra e che questo e continui a fluire attraverso la fenditura, almeno fintanto che non si preme in maniera eccessiva (nel caso si pennini flessibili) allargandola troppo, così da interrompere l'effetto della capillarità. | ||
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+ | Il flusso di inchiostro continua fintanto che si mantiene il contatto col foglio, anche se questo in genere non causa macchie per via della scarsa porosità della carta da scrittura che una volta bagnata superficialmente non assorbe altro inchiostro; ma come si sarà reso conto chi si è trovato con una stilo caduta nel taschino dopo essersi svitata dal cappuccio, questo non è vero per la stoffa, che può assorbire notevoli quantità di inchiostro (anche da una penna con la punta all'insù). | ||
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+ | Il fatto che il flusso d'inchiostro sulla sia legato all'effetto della tensione superficiale è ciò che consente (oltre a lasciar macchie nelle tasche delle camicie) anche di scrivere verso l'alto, almeno fino a quando non si esaurisce l'inchiostro presente allinterno del canale dell'alimentatore. E' per questo motivo che molti alimentatori hanno delle ulteriori scanalature interne o sorta di ''piccole sacche'' che consentono di aumentare questa riserva, che viene reintegrata tutte le volte che, mettendo la penna in posizione verticale, la gravità non riporta l'inchiostro del serbatoio in contatto con l'alimentatore. E' questa stessa riserva che consente ad una stilografica, tenuta fino ad un momento prima in tasca con la punta all'insù, di scrivere immediatamente. | ||
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+ | Benché tutto questo sia relativamente semplice da descrivere, la realizzazione di un buon funzionamento dipende dal riuscire a far funzionare questo complesso equilibrio di gravità, pressione e capillarità, ed è quindi essenziale che si verifichi un corretto accoppiamento fra pennino ed alimentatore. Ancora oggi capita di trovare stilografiche che presentano problemi più o meno marcati di funzionamento, come difficoltà di avviare la scrittura o perdite di inchiostro. Fu proprio in questo campo che ebbe luogo l'innovazione introdotta da ''Levis Edson Waterman'', che per migliorare la trasmissione dell'inchiostro verso il pennino eseguì una serie di incisioni sull'alimentatore creandovi una sorta di ''canali'' su cui l'inchiostro potesse scorrere per capillarità senza però debordare e lasciando spazio sufficiente per consentire all'aria di entrare nel serbatoio della penna. |
Versione delle 19:40, 21 mag 2010
Il corretto funzionamento di una penna stilografica è legato ad un complesso equilibrio di forze la cui interazione riesce a far sì che con solo una leggera pressione del pennino su un foglio si può ottenere che l'inchiostro fluisca in maniera uniforme e controllata dal serbatoio della penna fino alla carta.
Le forze in gioco sono infatti diverse: la gravità che spingerebbe l'inchiostro a fuoriuscire da una qualunque apertura orientata verso il basso, la pressione atmosferica, che impedisce ad un qualunque serbatoio con un foro di uscita di vuotarsi se non esiste una via di accesso che permetta all'aria di entrarvi al posto del liquido (quello che rende problematico svuotare rapidamente una bottiglia quando la si rovescia), la tensione superficiale, cioè quella caratteristica dei liquidi di arrampicarsi sulle pareti di un contenitore (la stessa che fa restare attaccate le gocce al rubinetto o sulla superficie di un bicchiere).
Fin dai primi tentativi originanti alla metà del 1800 il punto più critico era quello di garantire in maniera efficace un flusso uniforme, che consentisse all'inchiostro di fuoriuscire dal serbatoio in maniera controllata, per raggiungere il foglio ma non per macchiare le tasche o il foglio stesso. Allo scopo vennero inventati i più complessi meccanismi di valvole, rubinetti ecc. ma la soluzione non fu raggiunta fino alla fine del 1800, quando si capì che occorreva affidarsi al fenomeno della capillarità (una delle conseguenze della tensione superficiale) per poter risolvere il dilemma.
Il concetto di base su da allora cui si basa una stilografica è quello di un serbatoio da cui l'inchiostro può fuoriuscire soltanto attraverso una piccolissima apertura. Questa deve essere sufficientemente piccola da impedire che, per effetto della combinazione della tensione superficiale e della pressione atmosferica, l'inchiostro possa fuoriuscire spontaneamente. Entrambe le forse sono necessarie, come si sarà accorto chiunque si sia ritrovato con la penna che gocciola in presenza di fessure nel serbatoio o di una cattiva chiusura del sistema di caricamento.
Nelle stilografiche questo controllo del deflusso viene realizzato grazie alla presenza del canale dell'alimentatore, attraverso cui l'inchiostro può arrivare, per l'effetto combinato della gravità e della capillarità, fino alle ali del pennino, e da lì proseguire, per capillarità, nella fenditura fino a raggiungere la punta dello stesso. Fintanto che la penna non viene usata la tensione superficiale impedisce che l'inchiostro lasci il pennino, ma appena si appoggia questo su un foglio (o un'altra superficie adeguata), è la stessa tensione superficiale, applicata stavolta alla carta, che fa si che l'inchiostro vi si depositi sopra e che questo e continui a fluire attraverso la fenditura, almeno fintanto che non si preme in maniera eccessiva (nel caso si pennini flessibili) allargandola troppo, così da interrompere l'effetto della capillarità.
Il flusso di inchiostro continua fintanto che si mantiene il contatto col foglio, anche se questo in genere non causa macchie per via della scarsa porosità della carta da scrittura che una volta bagnata superficialmente non assorbe altro inchiostro; ma come si sarà reso conto chi si è trovato con una stilo caduta nel taschino dopo essersi svitata dal cappuccio, questo non è vero per la stoffa, che può assorbire notevoli quantità di inchiostro (anche da una penna con la punta all'insù).
Il fatto che il flusso d'inchiostro sulla sia legato all'effetto della tensione superficiale è ciò che consente (oltre a lasciar macchie nelle tasche delle camicie) anche di scrivere verso l'alto, almeno fino a quando non si esaurisce l'inchiostro presente allinterno del canale dell'alimentatore. E' per questo motivo che molti alimentatori hanno delle ulteriori scanalature interne o sorta di piccole sacche che consentono di aumentare questa riserva, che viene reintegrata tutte le volte che, mettendo la penna in posizione verticale, la gravità non riporta l'inchiostro del serbatoio in contatto con l'alimentatore. E' questa stessa riserva che consente ad una stilografica, tenuta fino ad un momento prima in tasca con la punta all'insù, di scrivere immediatamente.
Benché tutto questo sia relativamente semplice da descrivere, la realizzazione di un buon funzionamento dipende dal riuscire a far funzionare questo complesso equilibrio di gravità, pressione e capillarità, ed è quindi essenziale che si verifichi un corretto accoppiamento fra pennino ed alimentatore. Ancora oggi capita di trovare stilografiche che presentano problemi più o meno marcati di funzionamento, come difficoltà di avviare la scrittura o perdite di inchiostro. Fu proprio in questo campo che ebbe luogo l'innovazione introdotta da Levis Edson Waterman, che per migliorare la trasmissione dell'inchiostro verso il pennino eseguì una serie di incisioni sull'alimentatore creandovi una sorta di canali su cui l'inchiostro potesse scorrere per capillarità senza però debordare e lasciando spazio sufficiente per consentire all'aria di entrare nel serbatoio della penna.